Scienza e Conflitto

Nel 1946, dopo i bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki, gli stessi scienziati che avevano contribuito a sviluppare e a testare la bomba atomica, diedero vita ad un forte movimento di opinione contro il suo utilizzo. Questo atteggiamento è emblematico dell’ingenuità e ipocrisia con la quale gli scienziati interpretano e considerano il proprio ruolo nella società.

La scienza non è neutrale, ma porta inevitabilmente con sé tutte le conseguenze dei rapporti sociali e del contesto storico in cui viene partorita. Il pensiero contrario è un vecchio rottame del positivismo ottocentesco.

La scienza non solo non è in grado di sottrarsi ai meccanismi di produzione tipici del sistema che la esprime, ma è da essi profondamente influenzata. La provenienza dei finanziamenti determina l’indirizzo delle ricerche, il che rende la ricerca scientifica succube del mercato, sia essa di natura civile o militare. Il ricercatore, usufruendo di fondi statali o privati, tende molto spesso ad appiattire i propri interessi scientifici su quelli che sono gli interessi economici prevalenti. Di conseguenza, proprio per questo sistema di finanziamenti che premia la ricerca in base a criteri di profitto, i ricercatori sono privi di autonomia decisionale e fortemente indirizzati. Inoltre a causa di questi meccanismi di finanziamento il ricercatore spesso ignora il fine ultimo della propria ricerca e, anche nel caso in cui ne fosse consapevole, è costretto, al fine di continuare il proprio lavoro, ad ignorare possibili problematiche e domande. Nel farlo si giustifica con pretestuose argomentazioni basate sul ruolo puramente conoscitivo della scienza, sulla necessità assoluta del progresso (altro concetto positivista) dovuto all’innovazione tecnologica e sulla convinzione che il dovere di uno scienziato sia produrre una buona ricerca e che l’uso che ne viene fatto sia responsabilità di altri.

Riteniamo essenziale che i ricercatori e le ricercatrici si prendano le responsabilità della propria attività in quanto inscindibili dal contesto in cui sono realizzate.

Naturalmente scienza e tecnologia possono essere usate per scopi benevoli, tuttavia ci accorgiamo come esse vengano sempre di più utilizzate per propositi strettamente funzionali ai processi di sviluppo capitalistici e che di fatto rappresentano il movente per cui sono incentivate.

Spesso, inoltre, le maggiori problematiche delle innovazioni tecnologiche non sono legate alle tecnologie in sé (o non solo) ma alle loro ricadute sociali ed economiche. Ignorare ciò significa nascondersi dietro un dito.

Pensiamo che un dibattito sul ruolo della ricerca e sulle sue applicazioni non debba essere qualcosa di circoscritto a rari incontri accademici, ma costantemente presente e vivo sia all’interno dell’ambiente scientifico che nella società civile. Ci auspichiamo inoltre che questa presa di coscienza possa portare a individuare soluzioni pratiche per una ricerca svincolata dalle attuali dinamiche produttive.

A questo proposito ci proponiamo di approfondire con alcuni esempi gli stretti rapporti che intercorrono tra ricerca e sviluppo bellico. Sono, però, solamente casi emblematici di una realtà molto più ampia e complicata che vede il complesso delle attività scientifiche tese non solamente alla produzione di armi e mezzi militari, ma che vede la scienza, e con essa lo sviluppo tecnologico, sempre di più determinata da interessi politici, economici o militari, e sempre più lontana dai bisogni reali della popolazione.