Shock climatico ed energetico: il Pentagono si prepara alle proteste

Pubblichiamo un articolo di analisi di Nafeez Ahmed da www.znetitaly.org (Originale: The Guardian) che esplicita molti collegamenti che tornano di continuo nei contenuti del nostro blog.

Esercitazione dell’esercito USA in funzione antisommossa (fonte Dipartimento della Difesa USA)
Esercitazione dell’esercito USA in funzione antisommossa (fonte Dipartimento della Difesa USA)

Il primo effetto della crisi attuale è stato il trasformare le popolazioni “nazionali” in potenziali ma sicuri “nemici” dell’ordine capitalistico. E l’unica figura dello “Stato” ancora utile, nell’orgia dei privatizzatori, resta quella militare.

Non è un fenomeno originale, ma non per questo è meno criminale. Lo abbiamo sintetizzato in diversi articoli come il “dovete morire”: una parola d’ordine dei governi e delle corporation per “superare la crisi” e far ripartire l’accumulazione. Se la crisi, infatti, è – come è – una creisi di sovrapproduzione di capitali, quindi è sovraproduzione di denaro (finanza), merci, industrie, allora è anche sovraproduzione di popolazione.
La risposta classica è stata sempre la guerra. Interimperialistica, ovvero contro un altro imperialismo concorrente /quello tedesco e giapponese,nella seconda guerra mondiale), con grande “consumo” di capitale proprio (anche umano), ma soprattutto distruzione di capitale altrui.
Questo tipo di guerra, con la proliferazione globale degli armamenti nucleari, è diventato di fatto impossibile o quasi.

La “distruzione” sarebbe infatti reciproca; quindi “eccessiva” rispetto alla possibilità di far ripartire il processo di accumulazione capitalistica. Il surrogato che emerge, quindi, è la guerra contro le rispettive popolazioni (oltre che contro qualche potentato locale, meglio se ricco di risorse petrolifere).
Distruggere lo “Stato sociale” è un’indicazione “economica” con conseguenze immediate: riduzione delle aspettative di vita (età lavorativa più lunga, copertura pensionistica prossima al nulla, distruzione del sistema sanitario e di quello dell’istruzione, ecc).
Se tutto ciò non basta, perché la crisi generale presenta anche risvolti ambientali ed energetici tali da accelerare il degrado delle condizioni di vita delle popolazioni, e quindi di accelerare anche i movimenti di protesta, ecco che l’esercito torna come sempre il principale strumento di governo per poteri che non hanno nessun altro obiettivo che mantenersi insediati.
Erdogan insegna. O è soltanto un primo esempio… Piazza Taksim è dunque un evento globale.

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Documenti di massima segretezza dell’Agenzia per la Sicurezza Nazionale statunitense (NSA) divulgati dal Guardianhanno turbato il mondo con rivelazioni di un sistema globale di sorveglianza con sede negli USA con accesso diretto a Facebook, Apple, Google, Microsoft e altri giganti della tecnologia. Verbali di un tribunale della Nuova Zelanda suggeriscono che i dati raccolti dal sistema Prism della NSA sono stati passati all’alleanzaFive Eyes [Cinque Occhi] che comprende Gran Bretagna, Canada, Australia e Nuova Zelanda.

Ma perché le agenzie di sicurezza occidentali hanno sviluppato un simile potenziale senza precedenti per spiare le loro stesse popolazioni nazionali? Dal crollo economico del 2008, le agenzie di sicurezza hanno aumentato lo spionaggio di attivisti politici, specialmente di gruppi ambientalisti, per conto di interessi imprenditoriali. Tale attività è collegata alla pianificazione della difesa USA dello scorso decennio, che si è sempre più preoccupata del rischio di disordini civili in patria, innescati da eventi catastrofici collegati al cambiamento climatico, a shock energetici o a crisi economiche, o a tutte e tre le cose.

Proprio nel mese scorso, modifiche unilaterali alle leggi militari hanno assegnato formalmente al Pentagono poteri straordinari di intervento in un’”emergenza” interna o in “disordini civili”:

I comandanti militari federali hanno l’autorità, in situazioni straordinarie di emergenza in cui sia impossibile l’autorizzazione preventiva del Presidente e le autorità locali legittime non siano in grado di controllare la situazione, di impegnarsi temporaneamente in attività necessarie per sedare disordini civili inattesi su larga scala.”

Altri documenti mostrano che le “emergenze straordinarie” di cui il Pentagono è preoccupato comprendono una gamma di disastri ambientali e collegati ad essi.

Nel 2006 il documento sulla Strategia per la Sicurezza Nazionale USA ammoniva che:

Distruzioni ambientali, causate dal comportamento umano o da mega-disastri cataclismatici come inondazioni, uragani, terremoti o tsunami. Problemi di questa portata possono essere superiori alla capacità di reazione delle autorità locali e possono sovraccaricare gli eserciti nazionali, richiedendo una reazione internazionale più vasta.”

Due anni dopo, il documento Strategia di Modernizzazione dell’Esercitodel Dipartimento della Difesa (DoD) descriveva l’arrivo di una nuova “era di conflitti persistenti” a causa della competizione per “il consumo delle risorse naturali e dei mercati esteri” che avrebbe alimentato “future guerre per l’acqua, il cibo e l’energia”. Il rapporto prevedeva una ripresa di

“… ideologie antigovernative e radicali che potenzialmente minacciano la stabilità del governo.”

Nello stesso anno un rapporto dell’Istituto Studi Strategici dell’esercito USA ammoniva che una serie di crisi interne poteva provocare disordini civili su larga scala. La via verso “shock interni distruttivi” poteva comprendere minacce tradizionali, come lo sviluppo di armi di distruzione di massa (WMD), assieme a “disastri catastrofici umani o economici” o a “diffuse emergenze sanitarie pubbliche” coincidenti con un “crollo economico imprevisto”. Tali crisi potrebbero determinare la “perdita dell’ordine politico e legale funzionante”, portando a “una resistenza interna o un’insurrezione determinate …”

Il DoD potrebbe essere costretto dalle circostanze a porre le sue risorse generali a disposizione delle autorità civili per contenere e rovesciare minacce violente alla pace interna. Nelle circostanze più estreme ciò potrebbe includere l’uso della forza militare contro gruppi ostili all’interno degli Stati Uniti. Inoltre il DoD sarebbe, per necessità, uno snodo essenziale per consentire la continuità dell’autorità politica in conflitti o disordini in una molteplicità di stati o a livello nazionale.”

In quell’anno il Pentagono aveva cominciato a sviluppare una forza di ventimila uomini che sarebbero stati a disposizione per reagire a “catastrofi interne” e a disordini civili; il programma risultava basato un documento del 2005 sulla strategia per la sicurezza in patria, che sottolineava la

preparazione per incidenti multipli simultanei con perdite di massa”.

L’anno seguente uno studio della RAND Corp finanziato dall’esercito statunitense sollecitava una presenza dell’esercito statunitense specificamente nel gestire disordini civili.

Tali timori furono ulteriormente rafforzati da uno studio dettagliato del 2010 a cura del Comando Congiunto delle Forze Statunitensi – finalizzato a improntare “una concezione congiunta di sviluppo e sperimentazione nell’intero Dipartimento della Difesa” – definendo la visione definitiva dell’esercito USA a proposito delle tendenze e delle potenziali minacce globali future. Il cambiamento climatico, affermava lo studio, avrebbe portato a un accresciuto rischio di:

“ … tsunami, tifoni, uragani, tornado, terremoti e altre catastrofi naturali … Inoltre se una catastrofe di questo tipo si verificasse negli stessi Stati Uniti – particolarmente quando l’economia della nazione sia in una situazione fragile o quando siano colpite ampiamente basi militari o infrastrutture civili chiave degli Stati Uniti – il danno alla sicurezza degli Stati Uniti potrebbe essere considerevole.”

Lo studio ammoniva anche su un possibile deficit nella produzione globale di petrolio entro il 2015:

Senza un massiccio ampliamento del potenziale di produzione e di raffinazione è inevitabile una grave stretta energetica. Anche se è difficile prevedere con esattezza quali effetti strategici, economici e politici tale stretta potrebbe produrre, di certo ridurrebbe le prospettive di crescita sia nel mondo sviluppato sia in quello in via di sviluppo. Un tale rallentamento economico esacerberebbe altre tensioni non risolte.”

In quell’anno il documento del DoD sulla Revisione Quadriennale della Difesa appoggiò tali preoccupazioni, riconoscendo contemporaneamente che “il cambiamento climatico, la sicurezza energetica e la stabilità economica sono collegati inestricabilmente”.

Sempre nel 2010 il Pentagono condusse simulazioni belliche per investigare le implicazione di un “crollo economico su vasta scala” negli Stati Uniti con un impatto sulle forniture alimentari e altri servizi essenziali nonché per esaminare come mantenere “l’ordine interno in mezzo a turbolenze civili”.

Parlando delle conclusioni del gruppo presso la struttura conferenze del mega-appaltatore della difesa USA Booz Allen Hamilton, il tenente colonnello Mark Elfendahl – allora capo della Divisione delle Visioni Congiunte e dell’Esercito – evidenziò le operazioni in patria come un modo per legittimare il bilancio militare degli USA:

Un’accresciuta concentrazione sulle attività interne potrebbe essere un modo per giustificare ogni struttura delle forze armate che il paese possa ancora permettersi.”

Due mesi prima, Elfendahl aveva spiegato in una tavola rotonda presso il DoD che la pianificazione per il futuro era necessaria:

Perché la tecnologia sta cambiando così rapidamente, perché c’è così tanta incertezza nel mondo, sia economicamente sia politicamente, e perché le minacce sono così adattive e collegate in rete, perché in molti casi vivono all’interno delle popolazioni.”

Le esercitazioni del 2010 facevano parte del programma annuale di  Ricerca Unificata dell’esercito USA che più recentemente, sulla base di contributi di esperti di tutto il Pentagono, ha indagato la prospettiva che “disastri ecologici e un’economia debole” (mentre la “ripresa non si consoliderà prima del 2020”) alimenteranno il trasferimento in aree urbane, intensificando le tensioni sociali in territorio statunitense e all’interno di, e tra, “nazioni affamate di risorse”.

Il rivelatore interno del NSA Edward Snowden era un amministratore di sistemi informatici per la società Booz Allen Hamilton, dove gestiva di persona di sistemi IT della NSA, tra cui il sistema di sorveglianza Prism. Secondo il Bilancio Annuale della Booz Allen per il 2011, la società sovrintendeva alla Ricerca Unificata “da più di un decennio” per aiutare “i leader militari e civili a concepire il futuro”.

Le ultime simulazioni belliche, rivela il rapporto, si sono concentrate su “realistici scenari dettagliati con ipotetici “sentieri di crisi”, tra cui “operazioni in patria” conseguenti a “un disastro naturale di grande portata”, tra gli altri scenari, nel contesto di:

“… tendenze globali convergenti [che] possono mutare l’attuale panorama della sicurezza e il futuro ambiente operativo … Alla fine dei due giorni dell’evento, gli altri dirigenti sono stati meglio preparati a comprendere i nuovi potenziali richiesti e a spingere richieste di progettazione per rendere le operazioni in patria più efficaci.”

Non sorprende, perciò, che la crescente privatizzazione dei servizi d’informazione sia coincisa con la proliferazione di operazioni di sorveglianza interna contro attivisti politici, in particolare quelli collegati ai gruppi di protesta per l’ambiente e per la giustizia sociale.

Documenti del Dipartimento della Sicurezza Patria divulgati in aprile provano uno “sforzo sistematico” dell’agenzia di “sorvegliare e reprimere dimostrazioni pacifiche” collegate a Occupy Wall Street, secondo l’Unione per il Fondo per la Giustizia Civile (PCJF).

Analogamente, documenti del FBI hanno confermato “un’alleanza strategica tra lo FBI, il Dipartimento della Sicurezza Patria e il settore privato” mirata a produrre informazioni riservate nell’interesse della “comunità della sicurezza delle imprese”. Un portavoce del PCJF ha osservato che i documenti mostrano “agenzie federali che operano come braccio di fatto d’intelligence di Wall Street e dell’industria statunitense”.

In particolare, la sorveglianza interna ha preso sistematicamente di mira attivisti pacifici per l’ambiente, tra cui attivisti contro la fratturazione idraulica, come la Gas Drilling Awareness Coalition, Rising Tide North America, the People’s Oil & Gas Collaborative, e Greenpeace. Tendenze simili sono in gioco nel Regno Unito, dove il caso del poliziotto sotto copertura Mark Kennedy ha rivelato la portata del coinvolgimento dello stato nel controllo del movimento ambientalista di azione diretta.

Uno studio dell’Università di Bath che cita il caso Kennedy ed è basato su fonti confidenziali, ha scoperto che una vasta gamma di imprese – come McDonald’s, Nestle e la grande compagnia petrolifera Shell, “usano metodi clandestini per raccogliere informazioni riservate su gruppi attivisti, sulle critiche contro le proprie strategie e prassi e si sottraggono a responsabilità.”

In realtà il caso Kennedy è stato solo la punta dell’iceberg; documenti interni della polizia ottenuto nel 2009 dal Guardian hanno rivelato che gli attivisti ambientalisti erano stati regolarmente classificati come “estremisti interni” che prendevano di mira “le infrastrutture nazionali”, come parte di una strategia più ampia di controllo dei gruppi di protesta e dei manifestanti.

Il sovrintendente Steve Pearl, allora capo dell’Unità di Coordinamento Tattico contro l’Estremismo Nazionale (Nectu), ha confermato all’epoca come la sua unità avesse collaborato con migliaia di imprese del settore privato. La Nectu, secondo Pearl, era stata creata dal Ministero dell’Interno perché c’erano state “davvero forti pressioni delle grandi imprese, quelle farmaceutiche in particolare, e delle banche.” Ha aggiunto che i dimostranti ambientalisti erano messi “più nel mirino”. Il programma prosegue tuttora, nonostante la polizia abbia riconosciuto che gli ambientalisti non sono stanti implicati in “azioni violente

Il Pentagono sa che la crisi ambientale, quelle economica e altre potrebbero provocare diffusa rabbia popolare nei confronti del governo e delle imprese negli anni a venire. Le rivelazioni sui programmi di sorveglianza globale della NSA sono solo l’indice più recente che mentre “i soliti affari” creano instabilità in patria e all’estero e si intensifica la delusione nei confronti dello status quo, i pubblici occidentali sono sempre più visti come potenziali nemici che devono essere controllati dallo stato.

Il dottor Nafeez Ahmed è direttore esecutivo dell’Institute for Policy Research & Development[Istituto di Ricerca e Sviluppo sulla Politica] e autore, oltre ad altri libri di A User’s Guide to the Crisis of Civilisation: And How to Save It[Guida per l’utente alla crisi della civiltà; e su come salvarla]. Seguitelo su Twitter a  @nafeezahmed

Da Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

Fonte: http://www.zcommunications.org/pentagon-bracing-for-public-dissent-over-climate-and-energy-shocks-by-nafeez-ahmed

traduzione di Giuseppe Volpe