Racconto della giornata di lotta del 4 Dicembre 2012:
Sono le nove e mezza del mattino, il freddo è pungente, a tratti pioviccica…e ancora non c’è nessuno.
Come al solito.
Pensa Federico mentre cerca di attaccare i pezzi di dazebao che svolazzano da tutte le parti.
L’ora e mezza di ritardo accademico dei compagni: una regola che non ammette eccezioni. Dagli universitari soprattutto è particolarmente rispettata.
Eppure in assemblea si era detto: “alle nove puntuali, che alle dieci la conferenza comincia…” Ma niente…
E adesso che ci scrivo? Si chiede Federico. Le solite cose, decide. E se gli altri provano a dirmi che non vanno bene è la volta buona che appiccico al muro qualcuno.
Per i privati all’università porte chiuse, lo spray cola leggermente sui fogli bianchi dei dazebao. ASC DOBFAR, MENARINI BIOTECH e UNILEVER multinazionali della vergogna non siete i benvenuti, un po’ in blu e un po’ in verde. Fuori i privati dall’un, le bombolette finiscono e la frase rimane drammaticamente a metà. Federico è soddisfatto lo stesso: tutto quello che potevo fare l’ho fatto.
Si gira una sigaretta e va a fare una passeggiata verso la fontanella. Ora l’aria è un po’ più calda, qualche raggio di sole penetra fra le nuvole. E finalmente si vedono i compagni, che arrivano in un gruppetto di quattro persone.
Compagni, amici, fratelli di tante battaglie.
Federico sorride, adesso. “Bella regà!”
“Abbiamo l’esonero,” rispondono quasi in coro.
“Vabbè, aiutatemi al volo ad attaccare i dazebao. Li ho già fatti, vanno solo attaccati.”
“Abbiamo l’esonero,” ripetono i compagni.
“Ma almeno più tardi ci siete, se facciamo l’imbocco?”
“Abbiamo l’esonero.”
“Dai regà,” si lamenta Federico. “è una roba di dieci minuti al massimo.”
Ma i compagni sono un disco incantato: “abbiamo l’ esonero.”
“In bocca al lupo allora,” dice Federico. Teste di cazzo, pensa mentre un coro di “crepi” lo sommerge.
È di nuovo solo adesso, con il cielo completamente coperto sopra e il rettorato di fronte a lui, oscuro e minaccioso: una maestosa costruzione quadrata, esattamente come tutti gli edifici dei dipartimenti circostanti: Lettere, Giurisprudenza, Chimica, Fisica…
E tutti fatti di marmo bianco: duro e opprimente.
Come il sistema, riflette Federico, il sistema che non possiamo abbattere.
Dopo un po’ arrivano Tommaso e Alice, i primi ideatori di questa contestazione. Alice soprattutto è l’unica studentessa iscritta a Chimica. E la cosa non dispiace, perché è lì che hanno organizzato questa maledetto incontro fra studenti e multinazionali farmaceutiche.
Insieme decidono di andare ad attaccare i dazebao. Passano in auletta per prendere anche i volantini e ci trovano Daniela, già pronta a dare battaglia con la sua guida per il consumatore responsabile sotto il braccio.
Federico non è più solo.
Non sono più io, pensa, siamo noi adesso, i compagni. Siamo giovani, siamo ribelli, siamo determinati, siamo uniti, siamo forti, siamo pronti a restituire tutta la merda quotidiana che ci tirano addosso, siamo…in quattro!
Sembra che i chimici stiano assistendo a un’invasione aliena, mentre gli appiccicano i dazebao sui muri del dipartimento. Iniziano così a dargli un po’ di volantini e a spiegargli lo schifo che sta avvenendo da loro, dove viene permesso a delle criminali multinazionali farmaceutiche di presentare se stesse e di illustrare quello che — a loro dire — deve essere il lavoro di un futuro chimico.
Gli studenti sorridono e annuiscono, ma più per gentilezza che per convinzione.
In compenso li raggiunge Piero, un compagno particolarmente ritardatario. “Scusate regà, non ho sentito la sveglia.”
“Scialla,” risponde Federico. Testa di cazzo, pensa.
Cresciuti nei numeri decidono che sono abbastanza forti per andare nella tana del leone: l’aula magna di chimica.
Durante il tragitto Daniela apre la guida del consumatore responsabile e spiega meglio perché queste aziende sono così tanto infami. Almeno si sforzano di fare una contestazione consapevole.
“…abusi di potere e sfruttamento nei confronti dei propri lavoratori, devastazioni ambientali compiute, irregolari sperimentazioni animali…”
Molto bene, pensano, adesso abbiamo anche un po’ di rabbia da mescolare con l’adrenalina.
Ma siamo pochi, realizza Federico guardandosi indietro.
“Certo siamo pochi regà,” Alice sembra leggergli i pensieri. “Diamo solo qualche volantino e andiamocene.”
Queste parole non piacciono: avrebbero tutti voglia di entrare, spaccare tutto, mettere l’aula magna a ferro e fuoco e cospargerla di sale. Ma in effetti i numeri suggeriscono che mantenere un basso profilo sia la scelta più ragionevole.
“Intanto entriamo e vediamo che va. Poi capiamo che margini di intervento abbiamo.”
E così fanno.
L’aula è piena di studenti, per lo più del primo anno. Un uomo giovane, in giacca e cravatta e con un aria da vincente, sta mostrando delle slide sul proiettore, dove spiega quanto è fico il proprio lavoro. È il rappresentante di Menarini Biotech. I famosi privati dentro l’Università.
Finanziano i laboratori, sono partner dei gruppi di ricerca, piegano la didattica e gli indirizzi di ricerca, che dovrebbero essere liberi e al servizio di tutti, alle loro esclusive esigenze produttive. E l’Università li corteggia, li accoglie stendendogli sotto un bel tappeto rosso.
Lo stanno a sentire per una decina di minuti, ma poi decidono di mettersi sulle uscite dell’aula e dare un po’ di volantini agli studenti che mano a mano escono fuori. Più per la noia che per il disgusto dello spettacolo che c’è dentro. Ma comunque almeno escono.
Dopo un po’ rientrano per vedere com’è la situazione. L’aula magna si è per metà svuotata e verso mezzogiorno l’omino di Menarini Biotech finisce la sua masturbazione in pubblico.
E il turno della rappresentante di Unilever.
Se questo fosse un film horror di quinta categoria adesso ci dovrebbero essere un tuono e un lampo a squarciare un cielo nero.
Unilever è il male.
E la donna che sta andando verso la cattedra, con il trucco pesante di cattivo gusto e i tacchi a spillo, sembra esserne una degna rappresentante.
Crudelia Demon spiega subito di non essere né una chimica né una scienziata.
E allora che tipo di lezione saresti venuta a farci, si chiedono i nostri. La risposta è nelle slide che mostra, dove parla semplicemente di quanto è in salute finanziariamente Unilever, di quanto sono buoni i suoi prodotti: Calvin Klein, Findus, Algida, Mentadent, Knorr, Dove, Lipton…
Praticamente se gli studenti rimanevano a casa a guardare la pubblicità su canale 5 era la stessa identica cosa.
La rabbia è troppa: Federico fa fatica a trattenersi, Daniela vuole interrompere la rappresentante e leggere davanti a tutti gli orrori che si nascondono dietro la bella faccia di quella multinazionale.
“Calma ragazzi,” esorta Piero. “Siamo troppo pochi, ci renderemmo ridicoli.”
Effettivamente ha ragione. Decidono all’ora di tornare in auletta a Fisica e provare a raccattare qualche altro compagno.
E i compagni rispondono bene. In cinque minuti se ne radunano una dozzina, felici di sostituire la pausa caffè & sigaretta con una più sana contestazione a questi infami.
Ormai non li ferma più nessuno. Prendono un megafono e uno striscione — in realtà è un megadazebao, ma si accontentano — e ritornano decisi verso Chimica, con l’intenzione di buttare molto in caciara quella ridicola “lezione” di Unilever.
Durante il tragitto Piero riflette sulla contraddizione di andare a contestare una multinazionale con le Nike ai piedi, ma preferisce non condividere con gli altri, per non rovinare il clima allegro e battagliero.
“Che facciamo?” Chiede Daniela. “imbocchiamo da davanti, sotto l’aula magna, o da dietro passando da sopra?”
“Da davanti naturalmente,” risponde Filippo, uno dei nuovi compagni aggregati. “Sempre dall’ingresso principale e a testa alta.”
Tutti gli altri annuiscono convinti.
Purtroppo però sbagliano strada ed entrano da dietro.
Ma va bene lo stesso. Federico irrompe per primo e prende la parola col megafono.
“Ve lo diciamo noi cos’è veramente Unilever…”
Crudelia Demon smette di parlare e lo osserva paralizzata da sotto. Intanto una quindicina di ragazzi entrano e lanciano volantini per tutta l’aula.
Scendono giù e srotolano lo striscione sulla cattedra: per i privati all’università porte chiuse.
Federico continua a megafonare e a spiegare che una multinazionale, che fattura miliardi di euro all’anno grazie allo sfruttamento dei territori e dei lavoratori, non ha niente da insegnare dentro un’università.
Intanto Tommaso grida agli studenti: “Alzatevi, che state a fa’ qua. Mandate affanculo sti’ pezzi de merda.”
Ma i ragazzi per lo più li guardano come se fossero appena scappati da un manicomio.
Non tutti però, qualche chimico invece si alza e si unisce a loro.
La contestazione dura una decina di minuti, con i rappresentanti che si lamentano e che dicono di essere lì per lavorare, ma si scordano di mettere le virgolette.
I compagni sono felici, quando escono. Alcuni studenti di Chimica gli si avvicinano e dicono di condividere le ragioni della contestazione. Non solo: sono intenzionati a mettere su un gruppo di studio che ragioni su un modo di fare chimica che sappia uscire dalla logica del profitto delle multinazionali.
“E’ simile a quello che stiamo facendo noi a Fisica.” Gli dice Piero entusiasta.
È uscito un po’ di sole, nel frattempo. I compagni vanno a prendere il pranzo tutti insieme e si rilassano sulle panchine, soddisfatti per come è andata la mattinata.
Non c’è troppo tempo per riposare: una compagna arriva da loro correndo e avverte che ci sono dei fascisti, all’ingresso, che stanno distribuendo un giornale.
Si riparte subito, a testa bassa. Raggruppano gli altri compagni e questa volta vengono tutti, anche quelli che dovevano studiare per l’esonero. Perché sull’antifascismo non ci sono scuse.
Siamo una quarantina, realizza Federico contento in mezzo al gruppo. Determinati a ricacciare nelle fogne i rigurgiti della storia.
Vanno verso l’ingresso passando sotto il rettorato. Lì ci sono dei compagni di altre facoltà che lo vogliono occupare, perché il Consiglio sta discutendo l’ennesimo innalzamento di tasse sulla pelle degli studenti.
Federico li guarda, poi guarda il rettorato, poi si gira e guarda anche gli altri edifici: Lettere, Giurisprudenza, Chimica, Fisica…
Il marmo adesso sembra gelatina.